venerdì 29 Marzo, 2024 - 10:11:00

“L’Epifania del Nostro Signore come lettura demoetnoantropologica tra tradizione e identità dei popoli del Mediterraneo”

Tra le feste popolari che legano la fine di un anno con l’inizio dell’anno nuovo c’è chiaramente il 6 di gennaio, ovvero la Festa dell’Epifania del Nostro Signore che lega riti religiosi, cattolici, cristiani, ortodossi, Mediterraneo nell’intreccio tra Oriente ed Occidente, con riti provenienti dalla cultura popolare ‘pagana’.

Il mistero, qui, si intreccia con una magia che è celestiale, ma anche con una visione cristiana della vita e la visione antropologica dei miti e della storia diventa fondamentale. Senza una lettura dei linguaggi, dei personaggi, delle etnie, delle tradizioni (demoetnoantropologica) sarebbe difficile ricostruire e ricontestualizzare il linguaggio di una cultura dichiaratamente popolare.

I così chiamati ‘Presepi Viventi’ sono la testimonianza rappresentativa di un rito che è antropologia della tradizione e si manifesta come conoscenza e come fantasia in una attrazione che ha segni di una simbolicità straordinaria.

La demoetnoantropologia ci restituisce la dimensione delle civiltà attraverso modelli di culture appartenenti all’antico Oriente. La simbolicità è una rappresentatività, non solo metaforica, ma anche etnologica reale. In fondo si restituisce una continuità al viaggio biblico. Infatti, per vivere la favola o l’infanzia, ci si imbatte nei Re Magi.

I Re Magi sono una magia, sono magici re, o forse portano la magia e nel loro passo d’Oriente hanno la leggerezza della saggezza.

Sono il cammino che scava l’anima di una favola bella che si tradusse in leggenda, ma la forza della loro alchimia intrecciò, in un rito sciamanico, la bellezza, la ricchezza e la profezia. Si diedero appuntamento sul confine del mare che incontra le terre del sole. Nei loro occhi è rimasta la Cometa che segna la luce nella riconciliazione della speranza con l’attesa.

Ma il loro viaggiare fu lungo e non persero mai la fiducia che la notte potesse diventare giorno e che il giorno, diventato notte, avesse come bussola la stella. Nelle sere, nella loro tenda, si raccontavano il Canto della Nascita:

“In una notte di freddo e di fumo i Re Magi incontrarono, lungo la loro strada, una donna bellissima, proprio dove gli orizzonti uniscono e dividono l’Oriente dall’Occidente. Una donna vestita da zingara, con una gonna celtica e uno scialle della Cappadocia. Sulla testa portava un cappello amaranto con le falde larghe e tese che i venti ventosi del nord non sfiorarono. Gli occhi verdi e poi neri come carbone spento senza tracce di cenere sembravano due perle nei deserti inesplorati. I capelli arruffati, un po’ Valentina un po’ Sentiero Selvaggio. Amava divinamente nella sua fisicità orante. Aveva con sé l’armonia e la disarmonia e intrecciava l’incenso, l’oro e la mirra tra le mani, le labbra e le pieghe del corpo. I Re Magi la invitarono ad accompagnarsi nel loro viaggio ma lei, con uno sguardo di fuoco, non accolse, per oblio, per l’ambiguo equilibrio di non schierarsi con gli sciamani oppure per viltà, l’invito. Dopo la partenza dei magici Re rimase in meditazione. Questa donna dalle belle facezie si chiamava Befana. Ripensò a lungo. Poi ad un tratto prese foglio e penna e scrisse a Baldassarre chiedendo di sostare e pazientare perché li avrebbe raggiunti. Baldassarre subito rispose: “Siamo ormai lontani e il nostro viaggio è giunto nell’attraversamento dei labirinti rocciosi. Sarà difficile raggiungere il nostro lento camminare. Comunque ti offro la possibilità. Ho dimenticato vicino all’uscio della porta il mio bastone. Quello che ha come segno l’aquila. Indossa una collana di quelle che ho intravisto sul tuo tavolo, quella rossa tramonto, e cavalca, come se fosse un cavallo, il bastone. Si trasformerà in un razzo e con il mio sguardo ti attirerò. Giungerai da noi solo se non ordirai trucchi e infedeltà. Anzi, non ci sarà bisogno di fermare il nostro cammino. Ti permetterò di raggiungerci. Noi ti concediamo il passo dei guerrieri della luce”.

E così fece la Befana. Senza trucchi e con la sua bellezza fece tutto ciò che Baldassarre le aveva indicato. I Re Magi se la trovarono accanto. La Befana portava negli occhi il sorriso, sulle labbra il calore del vento, tra le parole la dolcezza dell’incanto. Melchiorre, che era il più anziano dei Magi, sorrise con la pausa della saggezza e con la mano destra accarezzo il suo volto. Gasparre le disse: “Devi credere nelle alchimie perché ogni viaggio è un dono e il nostro viaggio viene da molto lontano e non si fermerà perché noi siamo la tradizione e l’amore ha bisogno della tradizione. Veniamo da distanze antiche ma ci siamo incontrati per trasformare le distanze in condivisioni”.

Baldassarre che portava nelle parole e negli occhi la Babilonia non aggiunse altro. Osservò la Befana, alzò le mani al cielo e indicò la Cometa. Proseguirono così il loro tracciato. Melchiorre, lo sciamano più anziano il cui nome potrebbe avere origini da Melech, Baldassarre, da Balthazar antico re babilonese, e Gasparre, nome che ha segni greci che portano al signore di Saba Galgalath, giunsero, con i loro doni e il loro Oriente, davanti ad una grotta. La Cometa lì si era fermata con la sua luce. Vicino alla grotta non c’era molto popolo. Il popolo giunse dopo, quando capì che l’incenso portava all’oro e che la mirra faceva sognare l’infinito.

I magici Re, come veri sciamani, scesero dai loro cammelli che sembravano cavalli o colombe dai bianchi pensieri, deposero i loro doni e i loro occhi incontrarono il silenzio e i segni di uno sguardo profondo che sconfinò nella misericordia. Restarono in contemplazione e ogni loro pensare divenne preghiera.

La Befana, intanto, aveva osservato tutto ciò. Decise di trasformarsi in una maga e chiese a Baldassarre di sognare perché ogni sogno di Baldassarre aveva un senso e nascondeva una verità. Gli chiese di trasformare la sua bellezza e la sua giovinezza in una maga portatrice di doni. Baldassarre riunì Melchiorre e Gasparre e decisero di farla entrare nella piazza degli sciamani. E così fu. Ma non trasformarono la sua bellezza e la sua giovinezza. La lasciarono bella e giovane e con lo scialle viola di azzurro sul capo.

Così la Befana divenne apprendista sciamana. Perché solo il sogno è magia e la magia fa sognare. Perché solo il sogno non conosce il tempo e il mistero è nella vita che vorremmo vivere. La Befana disse a Baldassarre: “La mia bellezza non aveva senso prima di incontrarvi. Ora io sono un volo e la magia mi porta a far sognare. Anche se solo per un frammento di vita. Vorrei che si capisse che in ogni sogno c’è un’onda del sorriso che sempre dovrebbe non perdersi dentro di noi”.

I Re Magi ritornarono, con l’Occidente nel cuore, nel loro Oriente e, con la pazienza dei camminatori, accesero un grande falò sotto la luna di gennaio, mentre la Befana mai divenne vecchia e brutta perché è sempre la bellezza che vince. Intorno al falò la Befana danzò il ballo dei portatori dei sogni”.

C’è un antico canto che recita: “La Befana ha l’eleganza della luna/scende con i sogni dopo il ballo di mezzanotte/tra le attese e le partenze/mai stanca e sempre sorridente/ con i profumi delle fresie/gioca a far alba/per sconfiggere ogni ombra/che la notte porta con sé”. Non ricordo più se è realmente un antico canto, oppure una mia versione tra le camminate antropologiche delle civiltà che da anni (decenni) coltivo, e che mi hanno dato la possibilità di capire i processi storici dei popoli attraverso una dimensione non soltanto storiografica ma rituale.

Il rito e il mito sono, appunto, degli archetipi che danno senso alla tradizione dei popoli. Scavare tra le leggende, i racconti, le feste, le date simboliche e alchemiche porta il contemporaneo a fare i conti sempre con la memoria. Ma il numero sei, oltre la tradizione religiosa, cristiana o meno, non è il risultato del 2 più il 5 e più 1. Ovvero Natale 25. Inizio anno 1 gennaio. Siamo però ad una visione moderna del segnare il Natale il 25 di dicembre e l’inizio dell’anno nuovo con il 1 gennaio.

Nella antica tradizione ci sono scommesse di altra natura. Ma pur restando alla contemporaneità la cifra non è un richiamo della Cabala soltanto quanto del mondo greco pitagorico, ovvero Magno Greco. L’antropologia, dunque, è il dettato centrale di un processo che accomuna archeologia, etnie, demologia, letteratura, astronomia.

Resta il fatto che l’Epifania del Nostro Signore ha richiami etno-antropologici in cui il simbolo, il rito e il mito sono dichiarazioni di fede nella tradizione della cultura orientale, ovvero tra tradizione degli Orienti e identità dei popoli del Mediterraneo. Una leggenda che tocca le corde della fantasia e del mistero e si tramanda.

Pierfranco Bruni

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Notizie su Pierfranco Bruni

Pierfranco Bruni
E' nato in Calabria. Ha pubblicato libri di poesia (tra i quali "Via Carmelitani", "Viaggioisola", "Per non amarti più", "Fuoco di lune", "Canto di Requiem", "Ulisse è ripartito", "Ti amero' fino ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggio"), racconti e romanzi (tra i quali vanno ricordati "L'ultima notte di un magistrato", "Paese del vento", "Claretta e Ben", "L'ultima primavera", "E dopo vennero i sogni", "Quando fioriscono i rovi", "Il mare e la conchiglia") La seconda fase ha tracciato importanti percorsi letterari come "La bicicletta di mio padre", "Asma' e Shadi", "Che il Dio del Sole sia con te", "La pietra d'Oriente ". Si è occupato del Novecento letterario italiano, europeo e mediterraneo. Dei suoi libri alcuni restano e continuano a raccontare. Altri sono diventati cronaca. Il mito è la chiave di lettura, secondo Pierfranco Bruni, che permette di sfogliare la margherita del tempo e della vita. Il suo saggio dal titolo “Mediterraneo. Percorsi di civiltà nella letteratura contemporanea” è una testimonianza emblematica del suo pensiero. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Ha ricevuto diversi riconoscimenti come il Premio Alla Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri per ben tre volte. Candidato al Nobel per la Letteratura. Presidente Commissione Conferimento del titolo “Capitale italiana del Libro 2024“, con decreto del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano del 28 Novembre 2023.

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