giovedì 28 Marzo, 2024 - 13:40:53

L’ edera tra mito, magia e medicina popolare

N.B.: le notizie, i preparati e le ricette inserite in questo articolo hanno unicamente valenza documentaria etno-antropologica: non sono in alcun modo da considerarsi praticabili o sperimentabili.

L’Edera ha fama di pianta magica ed è legata, nella mitologia, a Dioniso, il quale veniva chiamato anche Kissós, nome greco della pianta.[1] Nel mito, quest’erba compare con lo specifico compito di proteggere Dioniso bambino, e per questo motivo la corona di rami d’ Edera gli è sacra.

Un altro mito racconta che Kissós era un figlio di Dioniso, morto improvvisamente mentre danzava davanti al padre: la dea Gea, impietosita, lo mutò in Edera al fine di continuare a dargli vita.

Dioniso è anche un dio della passione e del trasporto amoroso, e anche per questo motivo l’ Edera, che avvinghia, diventa simbolo di passione amorosa. Questo dio viene spesso raffigurato con una corona di Edera in testa e con il Tirso, un bastone nodoso (spesso utilizzato dagli officianti dei riti dionisiaci, e ricavato da un’altra pianta, la Ferula), avvolto da foglie di Edera.

L’edera veniva paragonata anche al serpente per la sua capacità di avvolgersi, e per la sua natura fredda, ed entrambi sono attributi, quasi interscambiabili, di Dioniso.

Nella medicina popolare salentina le foglie di Edera si utilizzavano, infuse in aceto, per curare il mal di denti; il decotto era usato come calmante della tosse, e come broncodilatatore, mentre i frutti erano usati come purgante.[2]

Era utilizzata anche come pianta “di bellezza” (il decotto veniva applicato sui cuscinetti di grasso delle donne e sulla cellulite).[3]

Tuttavia l’ Edera è una pianta velenosa, così come velenosi sono i suoi frutti, e per questo motivo altre modalità di impiego prediligevano l’uso esterno, come analgesico per malattie reumatiche e come cicatrizzante per piaghe e ferite, attraverso pomate, estratti e cataplasmi.

Si credeva potesse favorire la fertilità e l’amore, e tenere lontani i tradimenti.

Un decotto di Edera è impiegato in un improbabile pasticcio della voluttà afrodisiaco dalla composizione quantomeno bizzarra e dal potenziale seriamente tossico più che afrodisiaco: questo singolare composto, presente in una raccolta di antichi formulari magici (che vanno dal 1400 al 1800) curata, a scopo di ricerca etno-antropologica, dal tossicologo Enrico Malizia, comprende: carne di ladro bollita, pelle di raganella, decotto di edera, di efedra, di aconito, di cicuta, di veleno di rospo.[4]

Nel Papiro Magico di Leida, scritto in lingua greca (fine III sec. d.C.), è riportata una ricetta per favorire il sonno a base di radice di Mandragora, Giusquiamo ed Edera miscelati in vino.

Secondo Dioscoride il succo delle fronde, bevuto in eccesso, conturba la mente; per Plutarco l’ Edera può causare deliri e convulsioni.

Si pensa che la furia delle Baccanti fosse causata da una bevanda psicoattiva a base di edera.[5]

Secondo Plinio il Vecchio una pozione molto concentrata di Edera può provocare turbe mentali e confondere i sensi (sembra, secondo le recenti acquisizioni tossicologiche, che l’Edera abbia effettivamente proprietà allucinatorie all’ingestione delle foglie).[6] Utilizzata invece per uso esterno può alleggerire, sempre secondo Plinio, il mal di testa.

Il ricettario di un anonimo cinquecentesco consiglia di portare una corona di edera in testa per non ubriacarsi.[7] Anche questa credenza ha un precedente nel mito: si credeva che Dioniso avesse ordinato ai suoi fedeli di incoronarsi di questa pianta anche a fini protettivi dagli effetti indesiderati dell’alcol.[8]

All’uscio di alcune osterie, fino a non moltissimo tempo fa, si appendeva un ramo di Edera (ma a volte anche di Pino) per segnalare che in quel posto si poteva consumare del vino. Secondo il Cattabiani anche questa usanza è da ricollegare alla funzione protettiva dell’ Edera nei confronti delle sbornie o dei malesseri causati dal vino.[9]

Nella tradizione europea, l’ Edera è stata utilizzata anche insieme all’Agrifoglio per le decorazioni natalizie, a fini apotropaici e come difesa (appesa sulle porte, alle travi delle abitazioni e sui camini) dai folletti che secondo le credenze popolari usavano far scherzi durante le feste di Natale.

In Scozia si credeva che l’ Edera potesse proteggere dal malocchio le vacche e il loro latte.

Gianfranco Mele

  1. Alfredo Cattabiani, Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Mondadori, 1996, rist. 2017, pag. 114
  2. Domenico Nardone, Nunzia Maria Ditonno, Santina Lamusta Fave e favelle, le piante della Puglia peninsulare nelle voci dialettali in uso e di tradizione, Centro di Studi Salentini, Lecce, 2012, pag. 225
  3. Enrico Malizia, Ricettario delle streghe, Edizioni Mediterranee, 2003, pag. 165
  4. Enrico Malizia, op. cit., pag. 164
  5. Gianluca Toro, Flora psicoattiva italiana, Nautilus, 2010, pag. 48
  6. Gianluca Toro, op. cit., pag. 49
  7. Salvatore Pezzella, Magia delle erbe, vol. 1°, Edizioni Mediterranee, Roma, 1989 pag. 85
  8. Alfredo Cattabiani, op. cit., pag. 114
  9. Alfredo Cattabiani, op. cit., pag. 114

 

Facebook Comments Box

Notizie su Gianfranco Mele

Gianfranco Mele
Sociologo, studioso di tradizioni popolari, etnografia e storia locale, si è occupato anche di tematiche sociali, ambiente, biodiversità. Ha pubblicato ricerche, articoli e saggi su riviste a carattere scientifico e divulgativo, quotidiani, periodici, libri, testate online. Sono apparsi suoi contributi nella collana Salute e Società edita da Franco Angeli, sulla rivista Il Delfino e la Mezzaluna e sul portale della Fondazione Terra d'Otranto, sulla rivista Altrove edita da S:I.S.S.C., sulle riviste telematiche Psychomedia, Cultura Salentina, sul Bollettino per le Farmacodipendenze e l' Alcolismo edito da Ministero della Salute – U.N.I.C.R.I., sulla rivista Terre del Primitivo, su vari organi di stampa, blog e siti web. Ha collaborato ad attività, studi, convegni e ricerche con S.I.S.S.C. - Società Italiana per lo Studio sugli Stati di Coscienza, Gruppo S.I.M.S. (Studio e Intervento Malattie Sociali), e vari altri enti, società scientifiche, gruppi di studio ed associazioni.

Leggi anche

Grazie sanita pugliese

Una lettrice ci scrive: “Grazie alla Sanità Pugliese”

Un esempio di buona sanità pubblica. Riceviamo e pubblichaimo questa letta di una lettrice. Ho …