Che noi italiani abbiam poco orgoglio nazionale, è ormai un dato di fatto, una regola sociale consolidata e più volte confermata. La cultura marxista-leninista che ha invaso ogni sospiro culturale in questo paese, ha demolito quel poco di identità nazionale che avevamo, già prima del periodo fascista. Ma è davvero difficile rimanere indifferenti davanti a una scuola profondamente ideologica e partigiana che non insegna alle nuove generazioni la tragedia dei giuliano-dalmata, o se la insegna loro, la insegna come una nota a piè di pagina da saltare velocemente. Questa è la scuola ‘comunista’ che qualche governo di centrodestra ha tentato (maldestramente e vanamente) di raddrizzare. Però non è della scuola e delle sue deficienze culturali-politiche che voglio parlarvi. Voglio parlarvi ‘dell’adorato’ e diciamo mitizzato Sandro Pertini. Ebbene, Tito, il dittatore jugoslavo comunista, morì nel 1980. L’allora presidente Sandro Pertini — il presidente più amato dagli italiani… e credo dagli ex jugoslavi — anzi ché restarsene al Quirinale, andò a rendergli omaggio, ignorando (si fa per dire) del tutto quel che accadde nell’Istria tra il ’43 e il ’45. Ignorando la tragedia delle Foibe e quanto i comunisti, sotto gli ordini diretti di Tito, combinarono a danno degli italiani, colpevoli solo di essere italiani. Nessun capo di Stato che avesse avuto un minimo di senso nazionale avrebbe mai reso omaggio al macellaio del suo popolo. Ma Sandro Pertini lo fece. E non si limitò a rendergli omaggio con la sua presenza, ma baciò persino il suo feretro e la bandiera nel quale era avvolto. Questo fece Sandro Pertini, nonostante le urla di sangue e dolore degli infoibati e degli esuli che fuggirono dall’Istria e Dalmazia. E questo fu solo un episodio (forse il più eclatante). Da bravo socialista partigiano, appartenente alla vecchia scuola (quella di Nenni e Matteotti), Pertini concesse persino la Grazia a Mario Toffanin, altrimenti noto come il ‘Giacca’. Un partigiano che durante la guerra aveva compiuto (con la complicità di altri partigiani comunisti) la strage di Porzûs per la quale, nel 1954, la Corte d’Assise di Lucca lo aveva condannato all’ergastolo. Pena a cui erano stati sommati altri trent’anni di reclusione per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato. Mario Toffanin, tuttavia, non sconterà mai queste pene, perché riuscirà a riparare in Jugoslavia, godendo persino della pensione italiana che la Grazia di Pertini gli aveva permesso di percepire dall’estero (l’ex partigiano infatti non rientrerà mai più in Italia).
Fonte: criticalibera.it
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