Negli anni ’60 Campomarino di Maruggio era un piccolo paradiso incontaminato. Le sue spiagge, ampie e dorate, erano completamente libere: chilometri di sabbia dove famiglie, giovani e pescatori si incontravano senza alcun ostacolo tra loro e il mare. Sul lato sinistro del porto, c’erano le docce comunali e i camerini di Oronzo di Marina, punto di riferimento per chi arrivava dopo un bagno o una lunga nuotata. L’atmosfera era semplice: si portava da casa il pranzo al sacco, un telo, e il mare era di tutti.
Anni ’60 e ’70: l’età dell’oro culturale
In quegli anni, Campomarino non era solo spiaggia: era anche cultura. La Conchiglia ospitava concerti e intrattenimenti eleganti. Artisti come Peppino di Capri, Fred Bongusto, Bruno Martino e Minnie Minoprio animavano le serate, mentre l’Hotel Gemma (oggi Kalos Hotel) contribuiva a lanciare i Pooh, gli Alunni del Sole e i Dik Dik .
Oggi, quello scenario sembra un ricordo lontano. Le spiagge più belle sono state progressivamente “requisite” dagli stabilimenti balneari, che occupano vaste porzioni di arenile con file ordinate di lettini e ombrelloni. Per una giornata al mare, tra noleggio e servizi, si spende facilmente un minimo di 60 euro. È nata così la figura, ormai proverbiale, del caro dell’ombrellone: il bagnante che, dopo aver pagato caro, passa l’intera giornata sotto la tela colorata, quasi timoroso di allontanarsi dal “posto assegnato” per non perderne il diritto.
Il contrasto è evidente: da un mare libero e popolare a un mare privatizzato e a consumo. Campomarino resta bellissima, ma sempre più difficile da vivere come un tempo, quando bastava un asciugamano e la voglia di tuffarsi.