Mi manca la mia estate, quella di quando ero fanciullo. L’estate del mio paese era un bicchierone d’orzata, una grattugiata tinta di menta, un’aranciata fatta in casa con la cartina. Mi manca la bevuta d’acqua fresca preparata con le bustine dell’Idrolitina. Era frizzante e quasi salata. La mia estate era il lungo sorseggiare dall’otre di creta o una bevuta alla fontanina pubblica, previa fila con spintoni perché c’era chi non rispettava il turno. Estate voleva dire anche Marcello, il garzone del bar che stava di fronte alla Torre dell’Orologio, che, vestito con una striminzita giacca bianca e con un goffo berretto a mo’ di muratore, circolava in sella ad un veicolo a tre ruote su cui alloggiava il deposito-arsenale dei gelati fatti a mano, al prezzo di dieci lire.
L’estate era gettarsi nelle acque della nostra marina, tutti i giorni e in tutte le ore. Una folla di bagnanti attendeva in Piazza del Popolo la corriera per raggiungere il nostro “campo marino”. La nostra estate era occupare la “nostra spiaggia” nei pressi dei camerini a sinistra del porticciolo, vale a dire la spiaggia popolare, quella destinata alla classe proletaria del mio paese.
L’altra spiaggia, quella a destra, era riservata ai Signori della vicina città messapica. I camerini erano situati a sinistra del porto. Avevano l’apparenza delle case chiuse. Le cabine, fatte costruire da ‘Ronzo ti Marina erano dei tavolati, pitturati alla meglio, sostenuti da pali di ferro allo scopo di fungere da spogliatoi. La privacy non esisteva perché i guardoni di turno non mancavano: animosi adolescenti intenti a spiare. La tecnica per tentare di vedere le donne mentre si spogliavano era semplice: cercare il buco sul legno o farsi un buco col chiodo.
C’era quasi sempre un voyeur appostato a distanza che guardava entrare e uscire le signorine dal gabinetto interrato sulla piazzetta. Non era raro osservarlo, mentre scendeva le scale per raggiungere la porta dei cessi pubblici. Le ragazze non si aspettavano e non si accorgevano di essere spiate nel momento che si stavano spogliando. Il gabinetto era stato costruito da qualche anno, ma noi ragazzini preferivamo fare i nostri bisognini fisiologici dove capitava.
Tonino Filomena