mercoledì , 23 Aprile 2025

Quel sabato notte poteva essere l’ultimo: oggi vi racconto la mia storia

Navigando in rete, ci siamo imbattuti in un racconto che ci ha colpito profondamente. Un giovane, oggi padre, sopravvissuto a un terribile incidente stradale, condivide la sua esperienza per sensibilizzare tutti, soprattutto i più giovani, sull’importanza della prudenza alla guida. La sua storia, fatta di momenti di angoscia e di una seconda chance, è un appello a non dimenticare mai che ogni scelta può cambiare una vita.

Immagine creata con IA. La Voce di Maruggio (c)

Troppe volte sentiamo parlare di giovani vite spezzate in un attimo, in un sabato notte qualunque. Io sono uno di quelli che ce l’ha fatta. E voglio raccontarvi la mia storia, perché possa servire a qualcuno, anche solo a uno, per fermarsi a riflettere.

 

Angelico Gennari

Sull’ennesima, insopportabile tragedia di sabato notte vorrei portare l’esperienza di “uno che ce l’ha fatta”: me stesso. Sono un sopravvissuto ad uno dei tanti incidenti che falciano migliaia di vite ogni anno. Avevo 17 anni, davanti vedevo la meta degli esami di maturità ormai prossimi ma, soprattutto, pareva fatta l’agognata gita del V’ anno, destinazione Londra ! Dopo mesi di lavoro ai fianchi, l’opposizione dei miei genitori sembrava sul punto di cedere. Invece….
Sabato 18 marzo, si passeggia in piazza, si accosta un compagno di classe neo patentato alla guida di una Lancia Beta amaranto. Propone di andare a mangiare una pizza, aderiamo in due, a bordo siamo in tre, io prendo posto accanto al guidatore. Durante il tragitto si decide di andare al “Manhattan” di Ostuni, non proprio il percorso più consono per un neo patentato, ma a 18 anni non ti rendi conto di ciò che è sbagliato o fuori luogo. L’andatura è moderatamente sostenuta, siamo arrivati a ridosso dell’ultima curva, la più pericolosa. Pigio la sicura della mia portiera ed è l’ultimo gesto che compio, potrebbe essere l’ultimo della mia vita. Buio. Mi risveglio sdraiato a letto, davanti ho un infermiere che con una grossa pinza mi estrae un enorme grumo di sangue dalla bocca. Gli chiedo dove sono e che giorno è: “È il22 marzo, sei ad Ostuni in ospedale”. Non ho la forza di chiedere cosa è successo, ho un terribile mal di testa, nell’orecchio sembra che qualcuno abbia infilato un ferro incandescente, respiro a fatica per un dolore lancinante al fianco. Dormo di continuo, ho un flash: mi vedo disteso a terra al buio in aperta campagna, vomito sangue, qualcuno mi tiene la testa, sento gridare il mio nome a gran voce. Poi un altro flash: due volti conosciuti che mi salutano dietro un vetro, sono i miei genitori. Sento freddo e caldo al tempo stesso, non mangio, non mi alzo, resto disteso supino per giorni interi. Mi spostano da un ospedale ad una altro a sirene spiegate, mia madre con me in ambulanza. Divento maggiorenne in ospedale, festeggio la Santa Pasqua e il lunedì dell’Angelo in compagnia di medici e infermieri. Torno a casa dopo 26 giorni ammaccato, dolente, contuso MA VIVO ! La vera sofferenza l’hanno patita i miei genitori e mia sorella. Svegliati nel cuore della notte, catapultati all’alba in strada, si vedono consegnare i miei indumenti sporchi di sangue in un sacco nero dell’immondizia. Terribile…
E allora mi rivolgo a tutti i giovani, compresi i miei figli che si affacciano alla fase più bella della vita. Abbiate cura di voi, ma soprattutto delle persone che avete a bordo, guidate solo se siete sicuri di poterlo fare. Non correte, non distraetevi, guidare in modo scriteriato vuol dire maneggiare una pistola con il colpo in canna. Non fate vivere nell’ angoscia i vostri cari, non avete idea della sofferenza che vivono. Vogliatevi bene, vogliate bene alle persone che si trovano in auto con voi, pensate agli anni splendidi che vi aspettano, alle gioie che vivrete, alle famiglie che formerete, ai figli che verranno. Questi momenti io li ho vissuti, ma in un attimo avrei potuto non viverli. Firmato: uno che ce l’ha fatta.

 

 

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Di Redazione

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