sabato 27 Luglio, 2024 - 3:12:38

Pierfranco Bruni al Convegno Internazionale sulla Inquisizione: “Bisogna difendere la Cristianità vera e non i cattolici relativisti”. Si apre un duro scontro

ROMA – Al tavolo dei relatori (in foto) Pierfranco Bruni, il direttore Vian dell’Osservatore Romano, AnnaFoa, giornalista docente universitaria, monsignor Cifres).
Pierfranco Bruni ha sviluppato una relazione molto dibattuta e in piena difesa della cultura cattolica e in netta opposizione con il mondo razionalista e illuminista, sostenendo che molta filmografia sulla Inquisizione è mero spettacolo e non ha basi storiche concrete.
Un duro attacco al romanzo e al film “Il nome della rosa” di Umberto Eco, nel quale è evidente, ha sostenuto Bruni, la chiara volontà di colpire la storia del cattolicesimo in nome di un razionalismo giacobino.

Al film tratto dal romanzo di Eco ha contrapposto un film originalissimo come “Costanza da Libbiano” di Benvenuti che nasce dal libro di Franco Cardini.
Un film che dimostra soprattutto il dialogante modello della tolleranza Francescana e sul piano scenografico senza effetti speciali ma con l’eleganza del bianco e nero.
A tal proposito Bruni ha sottolineato che la cultura cattolica è diventata figlia del relativismo e da un pressapochismo manicheo perché è completamente asservita ad un post illuminismo della ragione molto distante dal concetto di Tradizione di Tolleranza di intelligenza Filosofica.
Proprio intorno a questo tema ha citato la frase di Casanova che prima di morire disse: “Sono nato filosofo e muoio da cristiano”.

È come se i cristiani non avessero una filosofia ha chiosato Bruni. Si nascondono dietro un perbenismo di facciata che non ha cultura ma bigottismo.
Tra i film citati da Bruni: “Opera al nero” tratto dal romanzo della Yourcenar e la rappresentazione teatrale “La chimera” dal romanzo di Sebastiano Vassalli.
Un altro duro attacco, Bruni, ha sferrato al film di Marco Bellocchio “Sangue del mio sangue”. Un film confusionario e radicalista di matrice sciocchevole.
Insomma la relazione di Bruni, in piena sintonia con il revisionismo tradizionalista cattolico, non ha risparmiato colpi al relativismo culturale dilagante, difendendo la grande spiritualità pre conciliare attraverso proprio la filmografia.

Senza spettacolarizzazione non si hanno effetti. Anche su ciò che dovrebbe raccontare una pagina dolorante, il cinema si è ideologizzato. “Il nome della rosa” è ideologia di archivio.
Ha citato soltanto e volutamente Bruno Campanella e Galilei (perché sono abbondantemente conosciuti) mentre ha chiosato su Veronica Franco Cagliostro e Casanova oltre che su Anna Goldi processata però dalla Chiesa protestante e recentemente riabilitata.
Già negli interventi precedenti Bruni aveva dibattito sul legame tra Dostoevskij e Nietzsche e la loro visione filosofica e non teologica, sostenendo la filosofia come forma di libertà e di pensiero esistenzialista. Chi disconosce Nietzsche non conosce la filosofia, ha detto Bruni, perché dimentica volutamente la metafisica dell’anima.

Una relazione, quella di Bruni, completamente anticonformista e fortemente cristiana, comunque, e Paolina e, certamente, controcorrente.
Una discussione molto accesa anche in polemica con chi si è dichiarato “ebreo ed ateo”, contraddizione delle sette religiose, e con chi ha dichiarato che i libri di D’Annunzio “avrebbero fatto bene a bruciarli”.
Bruni: “Il mondo cattolico relativista è la nuova inquisizione che dilaga con il relativismo delle società. I cristiani vanno tutelati anche nella letteratura e nel cinema, ma non con chi si professa ateo ed ebreo. Si faccia un film sui cristiani massacrati nella Vandea dai post giacobini. Ma nel mondo cattolico pochi conoscono i morti trucidati della Vandea o fingono. Molti ignorano i martiri armeni. Il primo vero genocidio nella storia contemporanea, dopo il massacro dei Nativi d’America. Io vivo di pensiero pensato ha detto Bruni e non di luoghi comuni.

La inquisizione nella filmografia è tutta da contestualizzare se non si vuole dare credito ai filmetti di stregoneria e maghi di stampo di leggenda nera”.
Una relazione che ha avuto un dibattito forte al quale Bruni ha replicato con una dialettica rigorosa e precisa chiedendosi come mai i cattolici del relativismo difendono un film anti cristiano come “Il nome della rosa”. Perché i cattolici relativisti sono dentro la leggerezza del pensiero.

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