martedì 19 Marzo, 2024 - 3:25:17

17 Gennaio – Festa di SANT’ANTONIO ABATE – da Milano a Novoli: il giorno del Fuoco che purifica, della Vita che rinasce e degli Animali che parlano

Così come il 21 dicembre, nel solstizio d’inverno, e il 6 gennaio, nel giorno dell’Epifania della Natura, si festeggia con la tradizionale accensione dei roghi con cui si brucia l’anno vecchio e si da il benvenuto al nuovo , anche il 17 Gennaio, giorno della Festa di Sant’Antonio Abate, coincidendo con il periodo dell’anno in cui finalmente ritorna la luce e le giornate si allungano, sarebbe stato scelto come giorno della festa dedicata alla luce e al fuoco rituale, ovvero al ciclo naturale delle stagioni e ai riti propiziatori della fertilità dei campi di origine pagana, per cui, con il fuoco del falò, si chiude un anno, si brucia il passato e si rinasce dalla cenere da sempre simbolo di purificazione e di fertilità, portatrice di vita.

Domenico_Morelli Le tentazioni di Sant’Antonio. 1878

Dalla Lombardia alla Sicilia, la tradizione antica di accendere i fuochi propiziatori in onore di Sant’Antonio Abate, il santo nemico del demonio che celebra il ritorno della luce, è un rituale che attraversa un po’ tutta la penisola, e si ripete da sempre, fin dal 357 quando morì nel deserto della Tebaide, dove per 20 anni aveva vissuto da eremita in una grotta lontano da tutto e lottando fortemente con il demonio che lo tentava continuamente. Io me lo sono sempre immaginato come appare nella formidabile opera Le tentazioni di Sant’Antonio del pittore napoletano Domenico Morelli dove il santo viene raffigurato accucciato e in preda al panico mentre viene tentato dal diavolo, quest’ultimo ritratto, ovviamente, con accattivanti sembianze femminili. E, non a caso, anche Bram Stoker in Dracula si ispirò al Morelli per la famosa scena delle diavolesse tentatrici che turbavano i sogni del povero cacciatore di vampiri Anthony Hopkins, tra cui c’era anche una Monica Bellucci in splendida forma.

Ma ritorniamo al nostro Antonio, il santo del Fuoco, il santo purificatore, il santo che combatte il diavolo, legato alla fertilità della terra che, nato in Egitto, abbandonò la famiglia per dedicarsi alla vita ascetica, fino a passare alla storia come fondatore del monachesimo e come grande taumaturgo capace di guarire dalle malattie più tremende, tra cui il fuoco di Sant’Antonio. E, poiché nel Medioevo i monaci ospedalieri Antoniani usavano guarire i sofferenti ricavando cibo e creme emollienti dai maiali, fu così che, per sovrapposizione iconografica, Sant’Antonio iniziò ad essere ritratto in compagnia di un maiale ed è divenuto il Santo protettore degli animali. Ecco perché il 17 gennaio si assiste un po’ in tutta Italia, alla tradizionale benedizione degli animali, a cui è consentito, solo per questo giorno, di fare ingresso anche nelle chiese, tipo arca di Noè. E una famosa leggenda veneta narra che la notte del 17 gennaio gli animali possano addirittura parlare, ma quel giorno statevene lontani e non li ascoltate che sentire le chiacchiere degli animali non è proprio di buon auspicio.

 

Così, il giorno del 17 gennaio anche Milano e altre città lombarde rivivono le loro origini contadine nelle cascine dove, dopo la benedizione degli animali si passa al momento dell’accensione del falò come rito collettivo che termina quando con i forconi si sollevano in aria i lapilli a fine propiziatorio e in dialetto si dice brusà la barba al santantoni.

In Mamoiada, in provincia di Nuoro, il giorno di Sant’Antonio si anticipa tradizionalmente il Carnevale e per tutta la notte vengono accesi i falò che illuminano varie piazze della cittadina, propiziando l’avvento dell’anno nuovo, e le tradizionali maschere dei Mamuthones e Issohadores escono dalle case e danzano attorno al fuoco, dando vita ad uno spettacolo tra i più suggestivi e ancestrali della terra sarda.

E come non ricordare la famosa Fòcara di Novoli, in provincia di Lecce dove, tra l’altro sarebbe conservata la reliquia insigne del braccio del santo anacoreta, a cui ogni anno si riservano grandiosi festeggiamenti tra cui, oltre alla benedizione in chiesa degli animali, l’accensione, la vigilia del 17 gennaio, della famosa Fòcara, il più grande falò del bacino del Mediterraneo, costituito da una gigantesca pira alta 25 metri e larga 20 metri, realizzata da 70 mila fasci di vite, sapientemente incastrati secondo tecniche tramandate di generazione in generazione, cui viene dato fuoco come ancestrale rito apotropaico collettivo di purificazione e di fertilità per i raccolti a venire del nuovo anno.

E poi si dice anche che il Santo aiuti a ritrovare le cose perdute. Quindi se si è del Nord basterà dire Sant’Antoni dala barba bianca fam trua quel ca ma manca, se invece si è del Sud basterà dire Sant’Antonio di velluto, fammi ritrovare quello che ho perduto, e così quel che avevam smarrito in quel dì verrà acquisito.

Jenne Marasco

 

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Notizie su Jenne Marasco

Jenne Marasco
Jenne Marasco nata a Sava dove tutt’ora risiede. Laureata in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università di Lecce, Indirizzo Storico Artistico. Ha conseguito la maturità scientifica al Liceo De Sancits Galilei di Manduria. Ha lavorato in ambito culturale per Eventi e Festival di Cinema occupandosi di Comunicazione, Ufficio Stampa, Organizzazione, Recensioni di Cinema e di Storia del Territorio. Ha collaborato alla realizzazione di documentari su personaggi di rilievo come il poeti e artisti salentini, e su tematiche storiche dedicate alla memoria. Ha collaborato come assistente alla regia al documentario “Viviamo in un incantesimo” (omaggio a Vittorio Bodini 2014). Ama molto leggere ha la grande passione della scrittura.

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